venerdì 17 ottobre 2014

MITI&LEGENDE - Patata

 La patata nativa peruviana ci invita a percorrere un affascinante viaggio attraverso la storia della cosmovisione andina, un percorso millenario, ancestrale, nei luoghi dove sembra che il tempo si sia fermato, dove i campesini (gli agricoltori locali) hanno saputo conservare le loro tradizioni, nonostante il passare degli anni e di fronte a tante difficoltà. Nella cosmovisione andina fondamentale è la relazione tra uomo, natura e spiritualità, quest’ultima basata sul rispetto e sul dialogo con tutti gli elementi del cosmo e con la “pachamama” (madre terra). La patata nativa non fu solamente la base dell’alimentazione delle culture preispaniche, ma ebbe un ruolo importante nelle tradizioni e nelle consuetudini, poiché il sacro si fonde con il quotidiano in ogni atto della vita andina e la patata è più di una risorsa genetica: è considerata sacra. E’ in questo contesto che nelle ande persistono ancora oggi antichi rituali tramandati di generazione in generazione. Rituali con protagonista la patata, che si celebravano prima degli inca e che continuarono durante la dominazione spagnola fino ad arrivare ai nostri giorni. Nelle comunità alto andine, per esempio, la cerimonia della semina della patata è considerata sacra. Qui è considerata il regalo più generoso che la madre terra ha donato al mondo intero e per questo è diventata per gli abitanti locali il “vero tesoro degli Inca”.
A testimonianza delle origini lontane di questo alimento ho trovato alcune legende, la prima delle quali Inca:

                                            LEGEND OF POTATO
''Very a long time ago, the Sapallas lived a peaceful and harmonious existence. Nature was generous and entirely provided everything each one could possibly need, and the Entente Cordiale with the close countries had made them forget what violence and war meant.
One day, the sudden eruption of a volcano disturbed the harmony of this small apparently perfect world. The Karis neighbors of Sapallas, who lived in the North near the volcano, were forced to flee their devastated country and to leave the majority of their goods and belongings. Attracted naturally by the richness of the Sapallas territory, Karis used the force to invade the rich country. The impotent Sapallas were immediately reduced to slavery without opposing any resistance to the invader.
During many years, all Sapallas accepted their sad fate and worked without slackening for their Karis Masters. All except one man, a young man named Choque, the last descendant from the Sapallas country leaders, refused this domination and preferred to receive the terrible punishments from the Karis rather than to work for them. Many times, the Sapallas tried to convince the young man to give up the fight and to accept his slave condition, but in vain. Choque was convinced that the Gods would not leave unpunished such an injustice.
The Gods observed indeed the scene and were impressed by Choque's bravery and faith. One of them Pachacamaj took the appearance of a white condor and came down earth to meet the young man. He rewarded Choque by showing him a site where seeds of a plant called papa (potato) were stored. This plant was still unknown to the mankind. The Sapallas started in secret to sow the potato seeds, replacing the traditional cultures of quinoa and broad beans which were only reserved for the Karis.
A few months passed, and the seeds started to germinate. As usual, the Karis immediately rushed to collect all the green leaves and bays of the new plant. The Sapallas had no other choice than picking the remainders left on the fields, and it was still not clear in their mind what was the benefit of having utilized the holy seeds. However, it was a great surprise for when they later discovered fabulous tubers hidden under ground which had been missed by the Karis. This invaluable food gave them hope and new strength to fight against the oppressor.
Many Karis who had consumed the potato leaves and their poisonous fruits suddenly fell sick or died. The Sapallas organized their rebellion and definitively kicked the Karis out of the country. Choque was elected as the new Sapallas chief. He set up a new happy and strong society, and potatoes continued to be cultivated with respect as a sacred gift from the Gods.''

Version rewritten by N. Brachet, based on the book "Leyendas de mi tierra"
of Antonio Diaz Villamil (Libreria - Editorial "Juventud")


Sempre riguardo le origini di questo alimento esiste un'altro mito, sempre proveniente dal Sud-America, precisamente dal Perù:

Anticamente il sole, la luna, i fiumi e le montagne provvedevano a tutto ciò di cui l’uomo avesse bisogno e l’uomo, a sua volta, viveva in armonia con la natura, la rispettava e le era grato per la sua protezione.

Ma poi l’armonia finì e gli uomini cominciarono a lottare gli uni contro gli altri per il possesso della terra o per la pesca nei fiumi o per il legno degli alberi. Nacquero i cattivi sentimenti, le guerre, i litigi e l’avarizia. Gli elementi della natura si arrabbiarono –Se gli uomini non sanno comportarsi con saggezza, noi non daremo loro più nulla!- e mandarono sulla terra una terribile carestia.

L’acqua dei fiumi scomparve, gli animali si accasciarono stremati, il terreno si asciugò e divenne un ammasso di blocchi duri come la pietra impossibili da arare o seminare.
Gli uomini si disperarono e piansero, tra loro molti erano buoni e non meritavano questa situazione.
-Non è giusto che tutti debbano patire a causa di coloro che sono cattivi- disse il dio Tayta Inti osservando la sofferenza degli uomini e inviò il dio Pachacamac sotto forma di condor per metterli alla prova e capire quali di loro si meritasse
una nuova pace.
Pachacamac discese sulla terra inaridita e portò agli uomini dei semi a loro sconosciuti. –Seminateli e vedrete- disse e, senza aggiungere altro, tornò a sedere al fianco di Tayta Inti.
Gli uomini buoni accolsero i semi con gioia e li piantarono con grande fatica nella terra dura e secca, poi aspettarono. I semi affondarono le radici in profondità e trovarono un po’ d’acqua nascosta e diedero vita a migliaia di piante dai grandi fiori viola.
-Che cosa dobbiamo mangiare? I fiori sono tanti e belli, ma non calmano la fame- si lamentarono subito alcuni. –Aspettiamo, dobbiamo credere negli dei- dissero altri più fiduciosi. E fu allora che gli uomini alzarono lo sguardo sulla montagna e videro un’ombra enorme che si spostava lungo le sue pendici: erano le ali di Pachacamac che scendeva per dare loro consigli –Mettete la mano nella terra e prendete la radice, troverete una radice grande come la pietra.
Gli uomini gli credettero ed estrassero dal terreno asciutto queste grosse radici, che misero a cuocere sul fuoco e che li sfamò per sempre.
Poi alzarono gli occhi verso il cielo e ringraziarono il dio che li aveva salvati dalla fame e aveva mostrato loro che non il fiore e cioè l’apparenza era importante, ma la radice, la sostanza era quella che portava vita.
Quella radice si chiamò “patata” e si diffuse in tutto il mondo, tanto che oggi nelle Ande ce ne sono più di 1500 varietà.

Oltre a questi due miti riguardanti le origini delle patate, altre storie e legende Sud-Americane citano questo alimento così diffuso in quelle terre e fondamentale per il sostentamento delle popolazoni pre-colombiane.


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